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Giorno.

Camminando in mezzo a una griglia di palazzi uniformi, dinosauri di cemento piantati su un terreno privo di vegetazione, osservavo la mia città.

Le architetture avevano subito una metamorfosi, qualcosa d’indefinito regnava ovunque si posasse lo sguardo.

Rovinati dal tempo e dall’incuria, ingrigiti dallo smog, monumenti come residui bellici testimoniavano un destino di decadenza che sembrava governare incontrastato, in barba a secoli di storia.

Eterne impalcature a simulare un restauro inesistente.

Non c’era più spazio per l’arte.

Niente alberi nelle strade, né colori.

Tutto era sottomesso a una geometria senza regole...

 

Notte. 

Il respiro di Michele sulla pelle e le mani nella mia carne erano le cose, forse le ultime rimaste, a legarci ancora.

Una sotterranea relazione sensoriale che avveniva nel tempo notturno.

La notte è quella dimensione nella quale la comunicazione verbale non ha più ragione di esistere. Sotto l’influenza di una luna millenaria, la mente stacca la connessione razionale smarrendosi nella dimensione abitata dai sogni.

Reminiscenze.

Intuizioni.

Dormivo senza dormire, inquieta luna crescente.

Non parlavo più con Michele,

se non conversazioni di servizio.

 

© 2015 by nicoletta stecconi

 

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